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Cascina Graziella – Progetto “Rinascita donne”

UN PO' DI STORIA

PERCHE’ SI CHIAMA “CASCINA GRAZIELLA”

I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DI CASCINA GRAZIELLA

I BENI CONFISCATI ALLE MAFIE

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UN PO' DI STORIA:

La cascina, situata nel territorio del Comune di Moncalvo, è stata confiscata insieme ai terreni di pertinenza (circa 5 ettari) dal Tribunale di Trapani nel 1996 al mafioso trapanese Francesco Pace ed assegnata per usi sociali, nel 2004, dalla Prefettura di Asti al Comune di Moncalvo.

 

Il Comune di Moncalvo, dopo l’assegnazione, velocemente ha reso abitabile la cascina e provvisoriamente ha deciso di utilizzarla per ospitare una famiglia di immigrati rumeni in emergenza abitativa.

 

Nel 2005 l’Associazione Rinascita, unitamente al SERT di Asti propone il progetto “Rinascita Donne” individuando nella dipendenza di alcool e droghe una problematica importante per le donne vittime di maltrattamenti e abusi.

 

Per l’Associazione la ricerca di uno stabile idoneo alla realizzazione del progetto si è concretizzata con la possibilità di utilizzare il bene confiscato alla mafia nel Comune di Moncalvo che necessitava di un progetto idoneo al suo utilizzo per scopi sociali.

 

Così, il 20 dicembre 2006 viene firmato il primo protocollo d’intesa, poi rinnovato nel 2016, per il recupero del bene confiscato tra: Prefettura di Asti, Associazione Rinascita, ASL di Asti, ASL di Alessandria, Comune di Moncalvo, Comune di Asti, Comune di Casale Monferrato, CO.GE.SA, Associazione Gruppo Abele, Associazione Libera, Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche e Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale, Politecnico di Torino, DAD Dipartimento di Architettura e di Design del Politecnico Torino, Coldiretti della provincia di Asti, C.I.A. Confederazione Italiana Agricoltori della provincia di Asti, Tour Gourmet s.r.l., Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Camera di Commercio I.A.A., C.N.A. Confederazione Nazionale Artigianato della provincia di Asti, Confartigianato - Ass. Artigiani della provincia di Asti, Club Soroptimist Asti, Club Soroptimist Casale, CGIL Asti, CISL Asti, UIL Asti.

 

Nel 2008 “la cascina del mafioso” viene battezzata con il nome della giovanissima vittima di mafia Graziella Campagna e diventa “Cascina Graziella”

 

Così il Comune di Moncalvo, con D.G.C. n.26 del 16.4.2009 concedeva, in comodato d’uso a “Rinascita Associazione di Solidarietà Onlus” di Asti, l’immobile e i terreni ci Cascina Graziella con l’impegno da parte di quest’ultima di procedere nei lavori di ristrutturazione dell’immobile e dell’utilizzo dei terreni per la realizzazione di:

 

• UNA STRUTTURA SOCIO SANITARIA DEDICATA AL RECUPERO DI DONNE CON DIPENDENZE VITTIME DI VIOLENZE ED ABUSI: “PROGETTO RINASCITA DONNE”. La residenza potrà ospitare 14 donne.

 

• UNA COOPERATIVA SOCIALE PER L' ATTIVITA’ LAVORATIVA E COMMERCIALE.

 

Lo sviluppo, la gestione e l’organizzazione delle attività agricole produrranno occupazione e posti di lavoro per le ospiti della casa nella fase del reinserimento sociale e sosterrà il processo di autonomia individuale delle donne ospiti inserite.

 

• UN CENTRO STUDI E FORMAZIONE PER LA PROMOZIONE DELLA CULTURA DELLA LEGALITA’ E UN POLO EDUCATIVO CULTURALE

 

L’Associazione Libera avvierà e collaborerà con altri attori sociali del territorio (Scuole, volontariato, associazionismo) e le ospiti della cascina, un laboratorio permanente culturale ed esperienziale volto allo sviluppo della cultura della legalità. Incontri, seminari, dibattiti rivolti alle scuole del territorio provinciale e alla popolazione.

 

Accoglienza e gestione, con altro personale presente in struttura, di gruppi di giovani e di cittadini sensibili e attenti a questi problemi e partecipi alla promozione dell’educazione della legalità.Progetti di legalità e di turismo scolastico a livello regionale e interregionale.

 

PERCHE’ SI CHIAMA “CASCINA GRAZIELLA”

Come ogni casa confiscata, anche questa cascina, che sarà abitata da donne, ha oggi un nome, scelto tra le innumerevoli vittime di mafia: Graziella Campagna, nata il 3 luglio 1968 a Saponara (ME) uccisa a soli 17 anni per mano mafiosa.

 

La ragazza, cresciuta in una famiglia numerosa (erano sette tra fratelli e sorelle) a Saponara Superiore, abbandona gli studi e trova lavoro come aiuto lavandaia in un paese vicino, Villafranca Tirrena. Svolgendo quest'attività, un giorno trova un documento di identità nella tasca di una giacca di proprietà di un certo "Ingegnere Cannata". Il documento rivela che il vero nome dell'uomo è Gerlando Alberti junior, nipote latitante del boss Gerlando Alberti (assicurato alla giustizia anni prima dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa). Questa informazione le costerà la vita.

 

Il 12 dicembre 1985, dopo aver finito di lavorare, Graziella, come di consueto aspetta l'autobus che la conduce a casa, ma nell'attesa accade qualcosa e quella sera la corriera arriva a Saponara senza di lei.

 

Due giorni dopo il corpo fu ritrovato a Forte Campone - vicino a Villafranca Tirrena - e riconosciuto dal fratello, Pietro Campagna.

 

Aveva cinque ferite d'arma da fuoco, rivelatasi una lupara calibro 12 che sparò da non più di due metri di distanza dalla vittima.

 

I processi seguenti vanno avanti a rilento. Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, il suo guardaspalle anche noto come Giovanni Lombardo, vennero rimandati a giudizio il 1º marzo 1988. Il movente che Alberti abbia voluto uccidere la ragazza perché a conoscenza del suo vero nome e quindi potenzialmente una minaccia viene giudicato debole dal giudice Marcello Mondello il 28 marzo 1990

 

Sei anni dopo, nel 1996, una trasmissione TV (Chi l'ha visto?) riporta il caso agli occhi del grande pubblico, sono ospiti della trasmissione i fratelli Campagna e il loro avvocato Fabio Repici.

 

Da allora nuovi eventi e un approfondimento delle indagini consentono l'avvio di un nuovo processo. Vengono indagati per favoreggiamento anche Franca Federico, titolare della lavanderia dove lavorava Graziella, suo marito, Francesco Romano, sua cognata Agata Cannistrà e suo fratello Giuseppe Federico.

 

L'11 dicembre 2004 sono stati giudicati colpevoli e condannati all'ergastolo sia l'Alberti sia Sutera, Franca Federico e Agata Cannistrà saranno condannate a due anni di penitenziario, gli altri saranno prosciolti. Gerlando Alberti uscirà di prigione il 4 novembre 2006 per via del ritardo con cui è stata depositata la sentenza. Lui e Sutera saranno comunque ricondannati all'ergastolo il 18 marzo 2008 dai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Messina. Il 18 marzo 2009, la Cassazione respinge il ricorso formulato dai due imputati e riconferma l'ergastolo ai due.

 

Il 22 giugno 2022, a Giovanni Sutera viene concessa la semilibertà. Sutera, detenuto in Toscana, potrà uscire dal carcere per fare volontariato presso un’associazione e poi ritornare la sera in carcere.

 

Piero Campagna commenta così la notizia: “Ancora una volta mi rendo conto che mi vergogno di essere italiano e ancora una volta hanno ucciso Graziella Non si è mai pentito - dice ancora ad AGI Pietro Campagna, che ha prestato servizio a lungo come carabiniere - non ha collaborato con la giustizia non ha dato un contributo allo Stato, non ha mai detto la verità e non merita dei benefici, è una legge sbagliata. Andiamo nelle scuole a parlare di legalità, a parlare del caso di Graziella - prosegue - ma quando ci chiedono dove sono gli assassini di vostra sorella cosa possiamo rispondere». Questo Stato facendo così spinge le persone a farsi giustizia da sé, non a rivolgersi alla legge. Se le persone si rendono conto che non è possibile ottenere giustizia si sentono impotenti. Non mi sento rappresentato da questo Stato». Non è la prima volta tra l’altro, già nel 2018 la Procura generale di Firenze aveva rigettato l'istanza dell’avvocato della nostra famiglia e non aveva chiesto la revoca della liberazione condizionale concessa nel 2015 a Giovanni Sutera. In seguito eravamo riusciti a far togliere la libertà condizionale e a farlo tornare in carcere e ora gli concedono altri benefici. È una cosa gravissima».

 

Il film della RAI TV “La vita rubata”, regia di Graziano Diana con Beppe Fiorello, racconta dell’omicidio, del dolore della famiglia ma soprattutto delle difficoltà incontrate dal fratello Piero, appartenente all’Arma dei Carabinieri, allora solo ventenne, impegnato a far luce sull’accaduto e ad individuare i colpevoli dell’assassinio, in un contesto di omertà e di corruzione.

 

Graziella Campagna

I fratelli di Graziella, Piero e Pasquale

 

I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DI CASCINA GRAZIELLA

I lavori, iniziati con la concessione edilizia del Comune di Moncalvo in data 12 aprile 2013 sono, ad oggi, in stato avanzamento, prevedono di destinare una parte del fabbricato per una superficie pari a circa 448 mq nonché cortile interno di superficie pari a circa 430 mq alla comunità per donne con problemi di alcol, tossicodipendenze e con vissuti di violenza, previsti dal Progetto “Rinascita donne”

 

I primi fondi necessari per la ristrutturazione Cascina sono stati raccolti grazie alla Regione Piemonte (Fondo per i beni confiscati), alla Fondazione Unicredit e alla Nova Coop Piemonte, per citare i più consistenti, nonché a tantissimi altri contributi da privati, di piccola e media entità, attraverso la campagna di sensibilizzazione denominata “Un mattone per Cascina Graziella”

 

Per contribuire alla raccolta fondi, nel 2012, è partito il progetto “Etico”, promosso da Amorim Cork, impresa internazionale leader nel sughero, che prevede la raccolta e il riciclo dei tappi di sughero coinvolta da Libera Piemonte nel progetto di Cascina Graziella.

 

La ristrutturazione della cascina è stata interrotta, nel 2018 per mancanza di fondi e successivamente a causa delle difficoltà causate dalla pandemia e alla necessità di curare il progetto nel frattempo avviato per la realizzazione della Casa delle Rose. (porzione di Cascina Graziella)

 

Nel 2022 il progetto di ristrutturazione di Cascina Graziella riparte con la ricerca di nuovi fondi e l’affidamento dei lavori di ristrutturazione, nel 2023, allo Studio tecnico P.S. di Asti.

 

Nel 2018, grazie ai fondi concessi dalla Regione Piemonte, al progetto “RINASCITA DONNE” si affianca il progetto “EMANCIPAZIONE DONNE” con la realizzazione della struttura denominata “La Casa delle rose”, attualmente gestita dalla Cooperativa Sociale Jokko di Asti con la collaborazione dei volontari dell’Associazione Rinascita.

 

Sperimentazione, di un progetto di secondo livello a sostegno di una completa emancipazione delle donne fuggite da una condizione di abusi e di deprivazioni.

 

Una porzione di casa, ed in particolare il garage e una parte di fienile, non inseriti nel primo progetto di ristrutturazione della cascina, è diventato un appartamento denominato “La Casa delle Rose” destinato ad accogliere quelle donne che hanno iniziato un percorso di emancipazione e di distacco dai legami e dai contesti patologici e violenti, attraverso l'attivazione di una seconda accoglienza successiva alla fase della casa rifugio.

 

Uno spazio abitativo nella delicata fase del reinserimento sociale in semi autonomia ma ancora in un contesto di appoggio e di sostegno relazionale e pratico. L'appartamento sarà strutturato per ospitare contemporaneamente 4 donne sole per un periodo che sarà concordato con i servizi invianti; un tempo necessario e opportuno per il raggiungimento di una completa e futura autonomia economica ed abitativa.

 

I BENI CONFISCATI ALLE MAFIE

IL PLUS VALORE DI UN BENE CONFISCATO ALLE MAFIE:

 

La storia del bene confiscato e il suo divenire sono collegati a storie e fatti di mafia, a leggi contro la mafia, al riutilizzo dei beni confiscati e alla collaborazione di enti pubblici e privati del territorio piemontese con il coinvolgimento dei cittadini, in particolare alla Legge 109/96.

 

Tale legge prevede che tutti i beni confiscati debbano essere riutilizzati per opere di utilità sociale.

 

Da subito si è considerato che un immobile confiscato ha un significato e un valore diverso rispetto ad una qualsiasi altra struttura perché, attraverso la confisca, lo Stato trasmette messaggi di democrazia e di legalità sia alla mafia che a tutto il paese.

 

Con la confisca si veicola il messaggio che ogni bene della mafia, ottenuto con denaro sporco, frutto di violenza, di ricatti, di estorsioni, di spaccio di droga, di omicidi, le viene tolto e restituito alla società.

 

Ne è testimonianza la vecchia casa del mafioso di S. Maria di Moncalvo che, frutto di attività illegali, abitata dalla cultura della violenza, sarà recuperata e trasformata nel luogo della solidarietà e della legalità.

 

PHOTOGALLERY:

 

 

 

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